Il mattino si sveglia sempre prima di te, a meno che tu non sia in guerra, allora quella è tutta un’altra storia. Una di quelle brutte. Gianni ha messo da qualche istante un vecchio samovar su un piccolo fornello da campo mangiato dalla ruggine, accanto a lui si riposano due uomini: un iracheno e un francese. L’iracheno si chiama Sharif Kamal Al Maliki è un ex Sergente della Guardia Repubblicana di Saddam Hussein. Sharif ha disertato dopo aver conosciuto Gianni in un albergo di Baghdad un paio d’anni dopo Desert Storm. Vuoi vivere o vuoi morire? Voi cosa rispondereste? Il francese invece si chiama Jacques De Sertas ed è un ex Colonnello del Dgse, i servizi segreti di Francia. Lui ha smesso di servire il proprio paese quando gli fu ordinato di non interferire durante un’operazione di pulizia etnica messa in atto dai reparti dell’esercito regolare del Mali durante una delle mille guerre dimenticate d’Africa. Lui disobbedì: salvò oltre venti bambine dall’orrore degli stupri di guerra e per non farsi mancare nulla poco prima di far perdere le sue tracce aprì un buco in testa al Generale Ardan, capo dei Caschi Blu dell’ONU che avrebbero dovuto vigilare e che nulla fecero. Gianni era un Maggiore del BND, l’agenzia d’intelligence della Germania, lui ha disertato in Siria, sedotto dai denari della famiglia al potere in quel paese e dalla possibilità di fare davvero qualcosa di importante nella propria vita che gli consentisse di dimenticare quello che nessuno può cancellare: le lacrime di sua madre.
Oggi loro tre sono in un appartamento di un palazzo abbandonato alla periferia ovest di Groznyj, in Cecenia. Tra qualche minuto berranno un tè, verificheranno le munizioni delle loro armi e si prepareranno a un’azione spettacolare e poi alla loro fuga verso lidi più tranquilli, verso Zurigo. Raggiungeranno un piccolo Cessna nascosto in una radura nella zona nord della città, poco oltre ciò che resta dell’aeroporto. Gianni versa il tè in tre piccole tazze di ceramica blu.
Jacques e Sharif si svegliano quasi contemporaneamente e lo salutano entrambi con un cenno del capo. I tre stringono le tazze tra le mani e prendono frequenti e brevi sorsi. Gianni offre una sigaretta agli altri due. Mentre fumano cominciano i preparativi di quella che dovrebbe essere la battaglia definitiva per la riconquista della città da parte delle truppe cecene guidate dal Generale Dudaev. Sharif controlla i caricatori del proprio Ak-47 e riempie di munizioni quelli parzialmente completi, Jacques carica con cura il proprio Vintorez e sistema un mirino telescopico PSO, un ‘eccellente strumento di tiro che gli permetterà di essere potente ed elegante. Gianni carica un Rpg con un proiettile incendiario e inserisce un caricatore nel suo mitragliatore Sig Sauer SG 550. Dopo qualche istante, una luce abbagliante ottenuta con un gioco di specchi proveniente da un vecchio deposito alimentare lungo una delle direttrici principali della città, fa capire a Jacques che il segnale da uno degli uomini di Dudaev è arrivato. La partita può cominciare. Quando arrivano gli Specnaz, i reparti speciali russi, roba pesante, gente che picchia duro, li puoi sentire a centinaia di metri di distanza. Mezzi corazzati, armi di grosso calibro e un una nenia che altro non è che il loro modo di cantare la guerra che stanno combattendo.
Gianni guarda i suoi due compagni, “Ci siamo?”, loro annuiscono con un cenno vigoroso del capo, tutti e tre conoscono alla perfezione la parte che dovranno recitare in questo spettacolo. Il piano è di far entrare il battaglione di Specnaz nel quadrante che è stato minato dagli uomini di Dudaev, Jacques dovrà eliminare il Colonnello Berzej con un tiro di precisione, mentre Gianni e Sharif con due proiettili di Rpg colpiranno i due carri armati alla testa della colonna. Durata dell’operazione? Al massimo un minuto, poi esploderà un quartiere intero con le cariche che hanno piazzato e se la vedranno i ceceni e la loro voglia di libertà.
Gianni fa un cenno a Sharif appena vede il primo carro armato T-72 apparire all’orizzonte, l’iracheno appoggia una mano sulla spalla di Jacques che annuisce, dando conferma di aver visto il proprio obiettivo. Il Colonnello Berzej è sulla torretta del T-72 a circa trecento metri da Jacques, il francese regola l’ottica del proprio fucile di precisione, non fallisce un tiro da oltre un anno, la fronte del Colonnello al centro del mirino. Un sospiro: addio. Gianni e Sharif fanno partire all’istante due razzi dai loro Rpg e centrano in pieno il T-72. Poi come se l’inferno fosse caduto sulla terra giungono decine di esplosioni, le bombe hanno fatto il proprio lavoro, così come i nostri tre mercenari che stanno guadagnando con velocità l’uscita dell’edificio.
I tre raggiungono a bordo di una vecchia Lada la radura dove avevano nascosto il piccolo aereo nei giorni precedenti l’azione. Sharif è entusiasta, si accende una sigaretta ed esclama: “Li abbiamo fatti a pezzi! Chissà le loro facce!”. Gianni estrae una Marlboro dal pacchetto, la accende e sorride all’iracheno, “Già, chissà le loro facce…”, poi estrae una Glock 17 e la punta verso la fronte di Sharif, “Beh, potresti rimanere qui a guardarle!”. In un attimo un colpo e l’iracheno cade a terra ucciso. Gianni prende una lunga boccata e s’incammina verso l’aereo, poi si blocca di colpo sentendo Jacques scarrellare per mettere un colpo in canna della propria Sig Sauer P220. Gianni impugna la propria arma e si volta di scatto. I due si tengono reciprocamente sotto scacco. Poi Gianni scoppia a ridere e prende una nuova boccata dalla propria sigaretta, “Avanti Jacques, andiamo, tra una settimana ci tocca il Kosovo.”.
Il francese abbassa l’arma e segue Gianni accendendosi a sua volta una Gitanes senza filtro. “Come sapevi che non ti avrei sparato?”, Gianni apre il portello del Cessna, si volta e gli sorride, “Non lo sapevo, ho improvvisato.”.