Paolo Panzacchi
L'ultima stazione del mio treno

L’ultima stazione del mio treno

19/04/11 L'ultima stazione del mio treno

Teste vuote

Teste vuote
Quanto avrei voluto…

Avere la testa vuota quando ho voluto ragionare a tutti i costi, capire per forza, mettermi nei panni di stronzi, ascoltare scemi qualunque. 

Quanto avrei voluto…

Non dire mai “Sì, Signore”, chiedere scusa, non farmi domande.

Quanto avrei voluto…

Volere è potere dice il/la finto/a inetllettualoide con frase spiccia per darsi un tono.

Beato, oh tu, che hai la fortuna di non capire un cazzo.
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15/04/11 L'ultima stazione del mio treno

Rompilo!

Rompilo!

“Io quello specchio non l’ho rotto, perchè sapevo chi ci aveva scritto e cosa voleva dirmi”, 


“Io non l’ho rotto perchè ho letto quello che stavo pensando in quell’esatto istante.”, 

“Io non ho avuto il coraggio di romperlo perchè ho letto parole di chi ha coraggio da vendere.”, 

“Io, io l’ho rotto, perchè ho coraggio da vendere, perchè non ho più un cazzo da dire e quelle sono cose che pensavo, vite fa.”
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12/04/11 L'ultima stazione del mio treno

Gravità

Gravità


E’ come passeggiare sulle nuvole.

Il concetto di gravità che si dimentica di Newton.

Il lato oscuro della mia Luna sul tuo piatto, pronto da mangiare.

La mela avvelenata che mi batte nel petto.

Non essere ingorda. L’antidoto non esiste.

Lune avvelenate e cuori antigravitazionali.
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11/04/11 L'ultima stazione del mio treno

L’odore della prima notte

L’odore della prima notte
Arriva.

Lento, svogliato, strisciante, forte, intenso, violento, cercato, rincorso, nuovo.

L’odore della prima notte.

L’odore dei baci, dei morsi, del respiro corto, delle mani sudate, delle fronti lucide, dei capelli scompigliati.

L’odore degli occhi che sembrano aver imparato a vedere solo in quel momento.

L’odore della prima notte.

Arriva.

Resta e non se ne va.
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09/04/11 L'ultima stazione del mio treno

London dreamin’

London dreamin’
Sedersi ad un tavolo. Io, sconosciuto in terra straniera. Il mio viso si approccia, come meglio può, a questa Babele di parole, volti e colori. Nella mia casa: lo straniero da odiare, incolpare, rimpatriare, catalogare, lo straniero nasce e muore nel nero delle sue impronte digitali. Nella Londra che torna, nuovamente, ad accogliermi, io sono lo straniero: salutato, coccolato, a cui non si nega un’indicazione, un sorriso, un brindisi quando torno in un pub dove, anni fa, avevo scelto di bere. L’abbraccio della fratellanza è tutta nelle parole di una giovane cameriera gallese: “Hi! How are you today?”.

Lei è mia sorella, la mia ancora prima del fondo.

Mi guarda mentre addento il mio pasto, la mia vita. Mentre scrivo attimi da ricordare sui quali, poi, la quotidianità sarà pronta a vomitare.
Il quotidiano: odiato, bistrattato, detestato, anche se utile, senza di lui non godremmo di momenti come questo. lo straordinario senza l’ordinario: privo della sua raison d’etre. Non sono un uomo ordinario, non perchè io sia migliore di altri, solo perchè so regalarmi uno sguardo oltre la banalità.
Mi godo questo sprazzo di solitudine osservata, dagli occhi di di Kate. Ho voglia di un caffè, la guardo e subito i suoi passi verso di me. 

Vite ordinarie, rese uniche dalla mancanza di parole nella Babele d’Europa.
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07/04/11 L'ultima stazione del mio treno

Fratelli

Fratelli
Il fastidio del partire.

Il fastidio nel restare.

Senza nome. Senza terra.

Io resto, mio fratello parte.

Ci scambiamo la vita: lui in apnea mentre io respiro.
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05/04/11 L'ultima stazione del mio treno

Senza immagine

(Stanotte si va in onda senza immagini. Senza suoni. Senza parole. Una notte senza. Ma senza cosa?)


Senza quel che ti va.


(Caustico.)


Io parlo a modo mio. 


(Odioso.)


Senza. Sì, senza. Stanotte racconto parole che non sai dire. Ma io non parlo per immagini. Io ho voglia di mostrare quello che c’è dietro. Quello che tu non fai mai vedere.


(Non puntualizzare.)


Dietro un’immagine, un disegno, una foto; c’è sempre l’idea di chi la realizza. Il complimento va sempre alla foto, al fotografato, quasi mai a quello stronzo del fotografo. Una volta mi fu detta una frase quasi intelligente: ‘Quello che conta è il cantante non la canzone’. Se il cantante è bravo può fare tutto, se la canzone è bella non tutti la possono cantare. Se la vita è bella non tutti la possono vivere. Se il soggetto che vive, respira, mangia, beve, scopa, urla, fuma, scrive, è un perfetto scemo, la sua vita, la sua ‘canzone’, non avrà mai senso.


(Se parli sempre per metafore la gente non capirà.)


Devo banalizzare?


(Se ti va…)


Dovremmo smetterla di guardare davanti a noi e imparare a leggerci dentro. 


(Che profondità d’anima.)


Anime profonde condite da analfabetismo sociale.



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01/04/11 L'ultima stazione del mio treno

Partenti

Partenti
Chi parte, chi arriva, chi aspetta.

Un aeroporto qualunque.

Una qualunque città.

Un libro fra le mani.

Un ombrello lasciato a casa.

La valigia.

Quando te ne vai?

Quando altri orizzonti sono migliori.

Quando piove merda.

Quando hai un’idea.
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28/03/11 L'ultima stazione del mio treno

L’apologia del sempre

L’apologia del sempre
(Il rumore di un accendino, prima boccata, carta e tabacco che bruciano, fumo che ti spacca i polmoni, espirazione, fumo che esce, vita che se ne va: retorica a fiumi).

“Il concetto di ‘Sempre’, mi indispone, mi infastidisce, mi fa sentire vecchio, vulnerabile, come se la vita mi sfuggisse dalle mani ogni volta che pronuncio quella parola, come se quell’impegno spezzasse il mio io in un’infinita pioggia di speranze sull’ombrello del primo idiota che passa. ‘Sempre’, l’inutile ponte, la bella scusa, la virgola, nel momento in cui stai pensando a come pronunciare il ‘Vorrei, ma non posso’, avendo prudentemente, appunto, usato un ‘Sempre’ magari qualche ora prima, così, per pararti il culo. Il concetto di ‘Sempre’, come quell’idiota di Dorian Gray, tutto concentrato nel mantenere il suo bel visino, senza ricordarsi di capire qualcosa della vita che gli passava accanto mostrando il dito medio con somma sufficienza.”.

(Il compiacersi di aver detto un qualcosa che al momento può sembrare verità assoluta, un colpo di tosse prima dell’ultimo tiro alla sigaretta e la risata nel vedere una ruga sulla fronte mentre lo specchio ha deciso di riflettere).
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26/03/11 L'ultima stazione del mio treno

Spenti

Spenti
Spegni la luce.

Non è più come quando si è bambini.

Il buio non deve farti paura.

Anche perchè a quell’oscurità c’è soluzione.

E’ a quella di cui parlo io che non ne trovi se continui a guardare il sole.

E’ come scrivere su uno specchio “Non riflettere” sperando che lui esegua.
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Fazzoletto da tasca colorato, occhiali sulla punta del naso per darmi un tono, centomila idee nelle tasche e bollicine nel bicchiere. Questo sono io.
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