Paolo Panzacchi
L'ultima stazione del mio treno

L’ultima stazione del mio treno

03/02/11 L'ultima stazione del mio treno

Liberi aforismi in libero stato

Liberi aforismi in libero stato
“L’attuale stato di irrisoluzione fra noi due ci pone nella sconveniente situazione di non poter programmare nulla, di non capire nulla e, quindi, ci rende avulsi da qualunque inquadramento socio-affettivo.”, “Ma cosa cazzo dici?”,”Hai ragione, sono un folle.”. In un attimo un bacio, uno schiaffo, un bacio, uno schiaffo, un bacio, una schiena contro un muro e due corpi che non ne potevano più di aspettare.
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01/02/11 L'ultima stazione del mio treno

La prima volta

La prima volta
Scrollo alcune gocce di pioggia dal mio cappotto, voglio essere perfetto. I miei passi sono decisi, il mio sguardo è fisso davanti a me. Cammino nella sala principale dell’aeroporto della mia città. Mille volte questo luogo ha visto la mia presenza: voli per New York, Londra, Bruxelles, Parigi, Berlino. Lavoro, meeting internazionali. Oggi, il piacere di essere qui per le cose davvero importanti. Mi chiamo Riccardo e oggi conoscerò Lucy, mia figlia.
Lei, ha sette anni, vive a Parigi con Caroline, sua madre, la mia ex moglie. Questa situazione è figlia di mille errori, di tanti egoismi, di inutili scontri e del buio cieco dell’odio degli uomini.
Mi siedo, aspettando il momento in cui l’aereo da Parigi porterà da me la mia bambina. Mentre chiudo gli occhi e il mio respiro rallenta, sento nella mia tasca interna del cappotto la vibrazione del mio telefono.
Il Blackberry nero mi riporta alle mie responsabilità: il mio ufficio mi sta cercando. Ho un istante di esitazione, il telefono è nelle mie mani. No, oggi no. Non voglio perderla ancora. Rifiuto la chiamata e faccio calare il sipario su tutte le possibili distrazioni.
So che non dovrei, ma mi sento come se oggi fosse il giorno di un esame, come se mi stessi giocando ogni mia possibilità.
La mia inquietudine, ci sarà anche sua madre. Bionda, bellissima, con quella voce dura, il suo accento francese e i modi rapidi. Mi ha sempre messo in soggezione.
Il nostro rapporto non era mai stato un idillio, troppe assenze, presenza vissute nel modo sbagliato, ci siamo lasciati seduti in un piccolo cafè, sulla rive gauche, albeggiava, lei era stanca io dovevo prendere un aereo, come sempre.
Io non sapevo fosse incinta, lei, non lo so, forse il silenzio fu la sua punizione. Spesso le notizie più importanti, quelle che sanno cambiarti la vita, diventano parte di te nelle maniere più inconsuete. Ero nella sua Parigi, il giorno di Natale, stavo comprando il mio regalo (la solitudine comporta inconsuete tradizioni), quando improvvisamente ci siamo scontrati. Lei spingeva un passeggino. Io non ho chiesto, lei non ha detto. Ma già sapevo, o meglio, avevo intuito. Lei che non smentisce le mie affermazioni, i silenzi colpevoli, il mio vedere Lucy solo per un istante.
Dopo mille telefonate incalzanti arrivarono le sue prime ammissioni, la prima volta in cui l’ho sentita cedere, in cui ha provato ad immedesimarsi nella mia condizione, anche se questo suo altruismo, questa sua empatia è durata il tempo di sentire le mie lacrime asciugarsi all’altro capo del telefono.
Le ho chiesto mille volte di poterla vedere, Lucy, ovviamente non volevo rivedere lei, Caroline. Probabilmente sarà un incontro breve, timido, voglio che sia tutto sereno, voglio portarla a vedere i luoghi a me cari, sperando che, un giorno, lo siano anche per lei.
I miei pensieri mi travolgono ma non mi impediscono di osservare il display dei voli e notare che l’aereo Air France da Parigi è appena atterrato. Mi alzo in piedi, di scatto, mi sistemo la cravatta e il cappotto.
La mia frequenza cardiaca aumenta. Ogni volta che la porta scorrevole degli arrivi si apre il mio cuore esplode. Il silenzio avvolge il mio spazio, non sento nulla, riconosco i tacchi di Caroline, il suo modo di camminare.
La porta si apre, vedo lei, bellissima, col suo sguardo duro incrocia i miei occhi, abbozza un sorriso. Si sposta dal centro della sala, come un sipario sul palco per far entrare i protagonisti di un’opera.
Lucy! Bionda, con le sue trecce, con un bellissimo vestito blu, timida, attaccata alla gamba di sua madre.
Gli istanti seguenti sono fotogrammi, un piccolo capolavoro di silenzi: io mi accuccio, lei, fa qualche passo verso di me, ma non sorride.
Io sorrido, emozionato, lei, Caroline è imbarazzata, si scosta, accarezza la piccola Lucy.
Lucy, fa un passo, mi guarda, ora sorride.
P..pa..papà!”.

Lucy, che ha appena camminato nel mio mondo e conosciuto la mia barba dura nel nostro primo abbraccio.
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24/01/11 L'ultima stazione del mio treno

Gabbie

Gabbie
Come poveri idioti. Chiusi. A farci contare. Uno-due-tre-quattro.

Senza numero sulla schiena non ti contano. 

Sii numero e non sarai nessuno. Sii scomodo e sarai solo. Sii solo e sarai mondo.

Sii mondo e cerca un sole. 

Il sole brucia, orbita lontano e non brucerai. 

Tu, in gabbia, non ascoltare. Rimani dove sei. Asteroide.
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18/01/11 L'ultima stazione del mio treno

Le colpe e le virtù dei padri

Le colpe e le virtù dei padri

Figlio mio,

ti scrivo oggi, quando non esisti ancora, nella speranza di conoscerti, un giorno di questa vita. Ti scrivo da giovane, finchè ho tempo, prima che il lavoro o altre cose (speriamo di no) mi tolgano tempo da dedicarti quando ti conoscerò. Oggi penso che quando arriverai sarai il mio successo più grande, più di qualunque laurea, di un libro pubblicato, di una determinata ragazza da poter amare; spero tu sia il frutto dell’amore vero e sincero di due persone che vogliono fare un percorso lungo una vita e dedicare a te ogni attenzione che meriti, senza dimenticare mai quanto sei stato desiderato.

Ti scrivo oggi anche perchè quando parleremo, quando sarai adolescente o anche dopo, io probabilmente mi sarò dimenticato di com’era vivere a quell’età e di quanto fosse difficile essere capiti dai genitori.

Spero che sarai bravo negli studi, che conoscerai presto l’amore, che ti faccia soffrire poco e che ogni tanto vorrai parlarne con me. Spero che non ti perderai in qualche buia strada della vita, ma sappi che se succederà sarò pronto a cercarti e a riportarti sulla via della luce.

Spero ti piacerà viaggiare e conoscere, leggere e esplorare. Ma anche se non sarai così, sarai sempre mio figlio ed è questo quello che conta. Spero non ti dimenticherai mai di me, anche se magari ci saranno giorni in cui sarai capace di odiarmi.

Ora ti saluto, aspettando con impazienza il giorno in cui sarò pronto ad accoglierti.
Con tutto l’affetto,

tuo padre
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08/01/11 L'ultima stazione del mio treno

Apple pie

Apple pie
Il segreto è nell’impasto mi disse un giorno mia madre. Nelle male che scegli, nel come le disponi.

Le torte di mele parlano di case, parlano di famiglie e di situazioni “cosy”, direbbero gli inglesi. 

Le torte di mele accolgono, non separano.

Le torte di mele raccontano storie, non fanno domande.

Le torte di mele sono un “unusual” network.


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30/12/10 L'ultima stazione del mio treno

2011

2011
Complimenti. 

Quello che stai guardando, che stai sognando, che desideri, che credi riuscirai a fare, che credi si realizzerà, che ti proponi di fare: le diete, la palestra, la fidanzata, il fidanzato, un viaggio, diventare intelligente, smettere di essere idiota (sembra uguale alla precedente ma non lo è), scrivere un best seller, fare un corso di inglese e ogni altra cazzata tu possa pensare…

Complimenti.

Tutto questo non esiste.

Beh, per non togliervi le stupide speranze per un domani migliore: tutto questo non esiste, se vi siete dimenticati di vivere fino ad oggi.

Il 2011 è un numero. Da solo è l’unione di altre inutili cifre. Scatola vuota di vite alternative rimaste dietro il confine dell’immaginato.

La vita non è bella. Noi lo siamo.
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23/12/10 L'ultima stazione del mio treno

Natale

Natale
Sono stanco.

Sorridete. Finchè c’è tempo.

Dopo le feste vi portano via pure il sorriso.

Sorridete. 

Babbo Natale non esiste.

Io non sono il Grinch.

Neanche il Grinch esiste.

Sono il fantasma del Natale passato.

Il vostro regalo? Guardarvi dentro.

I miei auguri? regalarvi un consiglio.

Tanti auguri.
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14/12/10 L'ultima stazione del mio treno

La mia città, ogni volta la vedo diversa

La mia città, ogni volta la vedo diversa

La notte di Bologna è buia, scura, misteriosa. Si rintana sotto l’abbraccio dei portici, nelle corti interne dei palazzi, negli angoli delle strade, dei vicoli, negli occhi socchiusi di chi, la notte, se la mangia, se la beve, se la fuma, se la scopa, se la sniffa.
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11/12/10 L'ultima stazione del mio treno

Come noi

Come noi

Ogni giorno muoio e ogni notte nasco di nuovo.


La facilità con cui tutto cambia e si trasforma in una squallida copia di quello che era è imbarazzante.


Felici?


Infelici?


Tutto è in quella zona fra ombra e luce, sottile, indecifrabile. Si rintana nelle parole delle persone interessanti e negli sguardi negati, in quelli rubati, in quelli consapevoli.


Ci sono condizioni nelle quali si farebbero follie, basterebbe un cenno, un assenso, non per dare abito a codardia, per salvarsi il culo se le cose non vanno nel verso giusto, un SI’ è l’equivalente del lo voglio anche io, del ci credo, del grazie di aver pensato a me.


Felici? 


Infelici?


Irrisolti. Come noi.

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06/12/10 L'ultima stazione del mio treno

Raccontatevi

Raccontatevi

Questa storia è come i trucchi degli illusionisti: c’è ma non si vede.


Questa è la storia di chi si ferma a pensare dietro un portone appena chiuso e di chi fa il primo passo verso casa avendo salutato chi, quel portone, lo ha appena varcato.


Tu che stai dietro quel portone, cosa pensi? Che è simpatico? Che sa parlare? Che cosa pensi? Lui, quello che cammina verso casa sotto una sottile pioggia vorrebbe saperlo. 


Tu che cammini, con la sigaretta fra le dita, che affretti il passo per non farti bagnare dalla pioggia, tu, a cosa pensi? Ai suoi capelli? Al sorriso storto che però affascina? A cosa pensi? Lei, che frettolosa ha chiuso il portone del suo palazzo, vorrebbe saperlo.


Voi due, fottuti imbecilli, schiavi del non detto. 

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Fazzoletto da tasca colorato, occhiali sulla punta del naso per darmi un tono, centomila idee nelle tasche e bollicine nel bicchiere. Questo sono io.
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