Oggi parliamo con grandissimo piacere con Massimo Padua ravennate classe 1972. Ha pubblicato “La luce blu delle margherite” (Fernandel, 2005; II ed. 2010), “L’eco delle conchiglie di vetro” (Bacchilega, 2008), il mystery/noir “L’ipotetica assenza delle ombre” (Voras, 2009; Fernandel, 2015), la raccolta di racconti “Si sta facendo buio” (Voras, 2011), “A un passo dalla luna piena” (Fernandel, 2014), la serie thriller/horror a puntate “L’abbandono” (Lettere Animate, 2014/2015) e la silloge di poesie “Con pelle di spine” (Gilgamesh, 2015). È presente in diverse antologie, tra le quali “Racconti nella rete” (Nottetempo, 2008), “Io mi ricordo” (Einaudi, 2009) e “Per le strade di Roma” (Ensemble, 2014). È direttore editoriale della collana di narrativa mystery/noir “Oscura” per Antonio Tombolini Editore.
Chi è Massimo Padua?
Diciamo che sono un tipo solitario che allo stesso tempo ama stare in compagnia. Qualche volta, però, le persone delle quali mi circondo sono fatte di carta e inchiostro. L’importante è distinguere i due “gruppi”.
“L’ipotetica assenza delle ombre” è la storia di Marco uno scrittore in crisi che eredita una casa dal misterioso Signor Newman. Questo romanzo è appena uscito in una nuova edizione per Fernandel, ci racconti qualcosa di questo tuo progetto?
“L’ipotetica assenza delle ombre” è un romanzo dalle tinte fosche che è nato sgomitando, ha preteso tutta la mia attenzione e mi ha costretto a una dedizione che, forse, non avevo mai sperimentato prima. È stato pubblicato per la prima volta nell’autunno del 2009 dalla Voras edizioni ed è andato esaurito quasi subito, tanto da meritare un paio di ristampe. All’epoca, i “miei” lettori sono rimasti sorpresi: dopo i toni più delicati delle pubblicazioni precedenti, si sono ritrovati a leggere una storia densa di misteri e dalle atmosfere che viravano decisamente verso il noir. Ma a me non sono mai piaciute le etichette e, soprattutto, non mi lascio imbrigliare da un genere. Mi piace spaziare e scrivere le storie che, secondo me, meritano di essere raccontate. Il romanzo, comunque, mi ha dato grandi soddisfazioni (che poi sono tutto quello che si cerca, in fondo), ha vinto con mia grande sorpresa il Premio Perelà per il romanzo edito e pare non aver ancora terminato la sua corsa. Adesso Fernandel, l’editore con il quale ho esordito nel 2005 con “La luce blu delle margherite” e che ha continuato a credere in me con “A un passo dalla luna piena” dell’anno scorso, ha voluto recuperarlo. Inutile dire che gli sono grato, anche perché la storia di Marco e della casa del signor Newman è ancora viva, come se l’avessi scritta ieri. È un piacere tornare a parlarne.
“A un passo dalla luna piena” è un romanzo intenso, duro che sa emozionare e lascia senza respiro. Mi puoi raccontare come hai costruito la trama? Il personaggio di Simone è incredibilmente maturo per la sua tenera età, ci racconti questo personaggio e il suo modo di rapportarsi con la madre?
Ho covato questo romanzo per anni. Volevo raccontare una storia quotidiana, un piccolo grande dramma, un testo che si allontanasse dai temi che di solito prediligo. Ogni singolo capitolo è stato, per me, una scoperta. Diciamo che mi sono lasciato andare senza condizionamenti, senza pensare troppo a come avrebbero reagito eventuali lettori. In questo modo mi sono trovato tra le mani una storia che si può definire “normale”, almeno nelle prime due parti, ma che a poco a poco costringe i personaggi a discendere in un abisso dal quale uscire indenni non sarà così semplice. Il rapporto tra Simone e la madre, verso la quale il bambino ripone una fiducia che tende a sgretolarsi, rischia di essere compromesso per sempre fino a un finale solo all’apparenza rassicurante. Purtroppo il marcio si annida spesso dietro ciò che consideriamo accettabile e, viceversa, ciò che ci appare come pericoloso può rivelarsi l’unica strada per la salvezza. Non è stato semplice entrare nella psicologia dei personaggi di questo romanzo perché tutti nascondono un lato ambiguo, esattamente come la luna con le sue fasi.
Quali sono i tuoi progetti per il futuro?
Oltre alla nuova edizione de “L’ipotetica assenza delle ombre”, in questi giorni è in uscita la mia prima silloge di poesie. Si intitola “Con pelle di spine” ed è pubblicata dalla Gilgamesh, una casa editrice che ha amato moltissimo il mio lavoro e che ha voluto investire su questo progetto. Poi ho un paio di romanzi in cerca di editori: una storia per ragazzi – un’esperienza che mi ha divertito – e un “quasi horror” che mi piacerebbe vedere pubblicato l’anno prossimo. Adesso sto lavorando alla stesura di due nuovi progetti, ancora una volta molto diversi tra loro. Nel frattempo collaboro con Antonio Tombolini editore in veste di curatore della collana di narrativa noir/mystery “Oscura”. Diciamo che non mi annoio…