Paolo Panzacchi
L'ultima stazione del mio treno

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04/06/15 I passeggeri del mese # , , , , ,

I passeggeri del mese: Andrea Pelacani

I passeggeri del mese: Andrea Pelacani

Oggi parliamo con grande piacere con Andrea Pelacani nato nel 1977, bolognese di Argelato e residente a Poggio Renatico, è tifoso per motivi anagrafici solo dalla seconda metà degli anni Ottanta con il Puffo Marronaro come primo idolo giovanile, allena con passione i pulcini del suo paese d’origine, ama le letture sportive e ha una sola grande certezza: non smetterà mai di seguire il Bologna. Ci ha regalato il suo primo libro, edito Maglio Editore, “Da sindaco della fascia, alla fascia di sindaco – Il Bologna di Carlo Nervo”.

Chi è Andrea Pelacani?

Sono un impiegato postale grande appassionato di letture sportive, in primis di storie di calcio e ovviamente di tutto ciò che concerne il Bologna, di cui sono un tifoso fedele (sono abbonato da oltre vent’anni, ma solo per motivi anagrafici..) e nostalgico. Qualche anno fa, quando il mio palpitante seguire fin da bambino delle sorti di questa squadra si unisce alla mia facilità nel ricordare tanti eventi legati ad una maglia a due ben distinti e imprescindibili colori, l’idea di effettuare un’incursione nel campo della scrittura da vero e proprio protagonista mi entra a gambe unite nel cervello. Si tratta di un’esperienza per me inedita e dal sapore di sfida personale, ma che decido di raccogliere senza paura in quanto mi reputo un discreto “custode della memoria”, una sorta di piccolo “Civ” della Bassa, giusto per fare un paragone, forse improbabile ma convincente, quasi da Davide (io) contro Golia (Gianfranco Civolani). E poi se qualche amico mi ha affibbiato il soprannome di “Almanacco” un motivo ci deve pur essere… Passare dunque dalla mente alla tastiera diventa semplice ma nello stesso tempo impegnativo. D’altronde, riuscire a coniugare lavoro, famiglia (sono sposato con Federica e abito a Poggio Renatico) e impegni vari (alleno ad Argelato, mio paese d’origine, la squadra locale degli Esordienti) non è mai una formalità.

“Da sindaco della fascia, alla fascia di sindaco” racconta la storia di uno dei calciatori più rappresentativi del Bologna degli ultimi anni, quella di Carlo Nervo. Come mai hai scelto di parlarci proprio di lui? Che ricordo hai di questo giocatore?

Vorrei prima di tutto precisare che non si tratta della classica biografia dedicata ad un calciatore ma il mio è racconto che abbraccia un periodo preciso della storia rossoblu, ovvero dal 1994 al 2007, anni che hanno visto passare da queste parti campioni di rango internazionale e mondiale, oltre a tecnici di valore e dal carisma inequivocabile. Baggio, Signori, Ulivieri, Mazzone non sono affatto nomi messi giù a caso… Carlo Nervo è a mio avviso il giocatore che rappresenta al meglio questa era calcistica e ho cercato quindi di elevare al rango di protagonista proprio lui, l’indimenticata eclettica ala destra vicentina, il recordman di presenze degli ultimi quarant’anni, dalla C alla A con il Bologna, passando per l’Europa e riuscendo persino ad indossare la maglia azzurra della Nazionale. Senza dubbio tra i giocatori più amati di sempre dai tifosi per la professionalità, l’umiltà e l’abnegazione con cui ha solcato per anni il lato destro del campo . Il mio è anche un omaggio indiretto al presidente Gazzoni, l’uomo della rinascita. Se poi c’è stata in seguito una discutibile caduta, questa è un’altra storia. Mi ha inoltre incuriosito il percorso post calcistico di Carlo, diventato primo cittadino del suo paese d’origine, Solagna, e nel contempo imprenditore nel settore dell’arredamento. In poche parole, con questo volume mi sono di fatto autoproclamato portatore sano dell’affetto dei tifosi nei confronti di questo ottimo giocatore, persona gentile e garbata che ho avuto il piacere di conoscere e che nonostante gli anni trascorsi dal suo addio al calcio, non ha lasciato veri e propri “eredi” sul campo. Ali come Nervo da queste parti sono ormai in via d’estinzione.

Nel tuo libro ci hai fatto rivivere i grandi fasti di un Bologna Football Club che ormai sembra svanito nella memoria. Quali episodi, da tifoso, ricordi con maggior emozione del periodo dei rossoblu che hai descritto in queste pagine?

Ce sono vari ma senza alcun dubbio l’incornata rabbiosa di Giorgio Bresciani al Chievo, rete al fotofinish che valse la promozione in A nella stagione 1995-96, occupa il primo posto nella mia personale top five…quell’urlo dello stadio da pelle d’oca perenne ancora non lo dimentico, peccato, che il cross vincente l’abbia effettuato Doni e non Carletto, per non parlare poi dell’arrivo di Roby Baggio, certe sue reti mi hanno addirittura commosso. Il ritorno in Europa con il gol di Nervo a Lisbona. Il 3-0 inflitto alla Juve di Lippi in mezz’ora, la cavalcata europea con la finalissima sfiorata! Momenti intensi di storia rossoblu, nostalgia più che canaglia quando si pensa al presente.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Prima di tutto spero che il Bologna ritorni in fretta agli antichi (ma non troppo) fasti. La nuova società ha tutte le carte in regola per farlo. Dal canto mio,non mi reputo ovviamente uno scrittore ma resto un tifoso devoto. La lettura e la scrittura mi appassionano sempre e al momento sto ricercando e raccogliendo il materiale per un altro progetto, ovviamente sul genere calcistico-letterario.. e quale altrimenti,no? Ho già le idee chiare su come predisporre il lavoro che quando si fa con passione si trasforma sempre in puro divertimento.. se poi in futuro diventerà un libro ne sarò ben lieto… intanto Forza Bologna!!

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10/03/15 I passeggeri del mese # , , , , ,

I passeggeri del mese: Emilio Marrese

I passeggeri del mese: Emilio Marrese

Oggi parliamo con grande piacere con Emilio Marrese, giornalista, firma di Repubblica e scrittore, nato a Napoli, vissuto e cresciuto a Bologna, da qualche anno abita a Roma. Emilio ha da poco pubblicato con Piemme il romanzo “Il buio ha paura dei bambini”.  E’ anche autore di documentari, con il suo Via Volonté n.9, prodotto da Fandango, ha vinto la sezione dedicata del Rome Independent Film Festival e lo scorso anno, ha raccolto un grande successo con “Il Cielo capovolto – 7 Giugno 1964 lo scudetto del Bologna”, docufilm sull’ultima affermazione nazionale della squadra rossoblu, prodotto dalla Cineteca di Bologna in collaborazione con Rai Eri.

Chi è Emilio Marrese?

Uno che detesta autodefinirsi… Adesso dovrei risponderti con qualcosa di brillante, simpatico, accattivante, giusto? Mi hai già messo in difficoltà alla prima domanda. Me la faccio spesso anche io e non so rispondermi. Proviamo. Dunque. Un giornalista che ogni tanto si diverte a fare altro. Uno che cerca di non prendersi troppo sul serio, mai, il che non significa non fare le cose sul serio, anzi: la leggerezza è una cosa serissima.

Il tuo ultimo romanzo, “Il buio ha paura dei bambini” edito Piemme, racconta la storia di Angelo, bambino costretto dagli eventi a cambiare città. Da Napoli arriva a Bologna. Non è solo la città a cambiare, cambia anche famiglia. La storia di Angelo può somigliare a quella di molti altri. Rifiutati, con difficoltà di integrazione. Come mai hai voluto affrontare queste tematiche dal punto di vista di un bambino? Inoltre volevo sapere da te come definisci “il nero” che serba dentro Angelo?

Mi piace, nella vita così come nella letteratura e nella cinematografia, lo sguardo dei bambini sul mondo: acuto, irriverente, sorprendente, puro, diretto. Mi piacciono i loro occhiali, i loro aggettivi. Tengo a precisare che non si tratta di un manuale di sociologia o pedagogia: è un romanzo, leggero con qualche contenuto, che sfiora alcune tematiche ma che fondamentalmente ha l’obiettivo di catturare e intrattenere, di far spendere bene tre ore di tempo al lettore. Tra i temi che sfiora c’è anche l’integrazione, un’esperienza che ho vissuto di persona, essendomi trasferito a Bologna da Napoli quando avevo sei anni. Quindi sono tornato indietro a ripescare sensazioni, umori, difficoltà, sofferenze ma anche soddisfazioni di quel periodo non semplice. Il “nero” di Angelo è come quello che hanno dentro i polpi: è quella scorta di acido, di cattiveria, che tutti o quasi abbiamo dentro e con cui dobbiamo fare i conti. Quella parte di noi che non amiamo e che spesso ci porta a fare o dire cose sbagliate, brutte, pesanti. Per poi quasi sempre pentircene. Ma per molti è un riflesso o un’esigenza fisiologica: preferisco chi butta fuori, piuttosto di chi tiene tutto dentro. Diffido molto più dei secondi, buoni solo all’apparenza. E anche i bambini sono specialisti nel dire cose terribili, ai genitori, ai maestri, ai professori, ai coetanei. È un sistema di autodifesa, anche, quasi grottesco, innocuo, come fanno appunto i polpi o le seppie se si sentono attaccate: uno schizzo nero di nessuna efficacia, fa quasi tenerezza. Buono per gli spaghetti.

Emilio, non sei solo un giornalista sportivo e uno scrittore, ma hai dato un contributo di grande livello anche nel mondo dei documentari. Il tuo primo lavoro è stato “Via Volontè n.9” per Fandango, mentre nel 2014 è uscito “Il cielo capovolto” per la Cineteca di Bologna, in cui ci hai fatto rivivere l’ultimo scudetto del Bologna Football Club. Scrittura e macchina da presa quindi, in quale dei due mondi ti senti più a tuo agio? Ci racconti in qualche parola com’è nato il progetto de “Il cielo capovolto”?

Sicuramente preferisco scrivere, e infatti anche nei documentari è fondamentale la parte di scrittura, di pensiero che c’è dietro. Mi piacerebbe anche saperle realizzare tecnicamente queste idee, ma a ciascuno il suo mestiere e quindi è giusto che le riprese e il montaggio le effettui chi ha più occhio, capacità ed esperienza. “Il cielo capovolto” è nato nell’estate del 2013 dalla voglia di raccontare quell’impresa in modo originale affondando però mani, testa e piedi negli archivi per entrare nel dettaglio e conoscere anche quell’epoca, quel periodo, non solo sul piano calcistico, allo scopo di realizzare un racconto più caldo, completo, emozionante, romantico di quell’avventura. Immodestamente, grazie a Paolo Muran e Cristiano Governa, posso dire che ci siamo riusciti, a giudicare dalla risposta del pubblico.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Sopravvivere in modo sereno e divertente. Ho quattro o cinque idee per un altro docufilm, sportive e non: vediamo quale si riuscirà a concretizzare.

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Fazzoletto da tasca colorato, occhiali sulla punta del naso per darmi un tono, centomila idee nelle tasche e bollicine nel bicchiere. Questo sono io.
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