Paolo Panzacchi
L'ultima stazione del mio treno

Premio Scerbanenco

03/02/15 I passeggeri del mese # , , , , ,

I passeggeri del mese: Romano De Marco

I passeggeri del mese: Romano De Marco

Oggi parliamo con grande piacere con Romano De Marco, scrittore abruzzese.  Il suo ultimo romanzo, “Io la troverò”, edito Feltrinelli, ha avuto un grande successo tra i lettori ed è stato tra i finalisti del Premio Scerbanenco 2014. Collabora con la Delos Edizioni tenendo la rubrica sulla rivista Writer’s Magazine Italia e pubblicando racconti in ebook per la serie “Sex force”.

Chi è Romano De Marco?

Una volta Alberto Sordi, alla stessa domanda in un’intervista rispose: “Ma come… non l’avete ancora capito?? Alberto Sordi so’ io!!!”. Battuta a parte, Romano De Marco è un uomo di cinquant’anni che lavora da quando ne aveva diciannove (attualmente come responsabile safety di un importante gruppo bancario). Ma soprattutto un padre, un appassionato lettore, un cultore di cinema, serie TV, collezionista di fumetti e di tante altre cose, che a un certo punto della sua vita (a quarant’anni suonati) ha iniziato a scrivere e ha avuto la fortuna di esordire nella prestigiosa collana “Il Giallo Mondadori”.

“Io la troverò”, il tuo ultimo lavoro è stato molto apprezzato, tanto da essere inserito tra i finalisti del Premio Scerbanenco. Un romanzo che tiene il lettore incollato alle pagine sin dall’inizio. Un romanzo non solo a tinte gialle o noir, che ci fa precipitare nell’abisso della pornografia clandestina, sullo sfondo anche una storia di un grande legame, quello fra Marco Tanzi e Luca Betti. Come sono nate l’idea del romanzo e dei personaggi così ben costruiti?

Quando costruisco una storia, parto da uno o due temi principali che mi interessa sviluppare e poi mi concentro sui personaggi. Nel caso di “Io la troverò” volevo parlare di paternità e di amicizia, da un punto di vista originale, all’interno di una trama che fosse coinvolgente, che intrattenesse il lettore con la tecnica della tensione narrativa, quella che ti fa desiderare di scoprire “cosa succede dopo”. Una volta “individuati” i caratteri e il background dei miei due personaggi principali ho lavorato su quelli di contorno, inserendo anche una vecchia conoscenza dei miei lettori più affezionati, il commissario Laura Damiani che arriva a Milano direttamente da Roma, dopo gli eventi del mio romanzo di esordio “Ferro e Fuoco”. Una prerogativa delle mie storie è quella di essere tutte ambientate nello stesso universo narrativo, pur essendo tranquillamente leggibili in maniera a sé stante. E’ una scelta che ho ipotecato dalla lettura dei romanzi di Sergio “Alan D.” Altieri che considero un grande maestro e vero pioniere della narrativa di genere di qualità in Italia.

In “A casa del diavolo” ci racconti la storia di Giulio Terenzi, impiegato di banca, collega di entrambi, visto che tutti e due lavoriamo per istituti di credito, il quale si trova invischiato in quella che sembra una truffa ai danni di una correntista, che poi aprirà le porte a qualcosa di più oscuro. Quanto di Romano c’è nei tuoi lavori? Nei tuoi personaggi?

Quando si scrive cercando di approfondire la psicologia dei propri personaggi, è impossibile non ritrovarsi a parlare un po’ di sé. Il Terenzi di “A casa del diavolo” ha molte delle caratteristiche del Romano De Marco di vent’anni fa, come il Luca Betti di “Io la troverò” somiglia molto alla attuale versione del suo creatore. In “A casa del diavolo”, poi, mi sono anche divertito a riproporre (scherzandoci sopra ma in maniera caustica) alcune caratteristiche dell’ambiente di lavoro bancario, riproponendo situazioni, volti, caratteri, vissuti e conosciuti nella mia esperienza lavorativa.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Tra maggio e giugno uscirà il mio nuovo romanzo, nella collana narrativa dell’editore Feltrinelli. I protagonisti saranno ancora Luca Betti, Marco Tanzi e Laura Damiani. La storia (molto diversa da quella di “Io la troverò”) li vedrà agire parallelamente nel portare avanti tre indagini estremamente complesse, sullo sfondo di una lotta per il controllo del mercato della droga nel capoluogo lombardo. Ovviamente ci sarà spazio per l’evoluzione nelle loro problematiche più personali e rientreranno in gioco anche i personaggi di un mio romanzo di qualche anno fa, quel “Milano a mano armata” che tanto piacque a Eraldo Baldini (che lo scelse per una collana di narrativa che dirigeva) e che mi valse il premio “Lomellina in giallo 2011”. Inoltre, come regalo ai miei lettori e operazione di “lancio” per questo nuovo romanzo, un mese prima della sua uscita (approssimativamente a fine aprile 2015) nella collana di ebook ZOOM (sempre di Feltrinelli) verrà pubblicato un altro mio romanzo breve scaricabile gratuitamente per un mese. Si tratta di un noir-thriller one shot senza Betti e Tanzi ma con Giovanni Sandonato, l’anziano investigatore già visto in “Io la troverò”. E per concludere questa “operazione di marketing”, acquistando il mio nuovo romanzo sul sito Feltrinelli, nel giorno della sua uscita, si potrà scaricare gratuitamente l’ebook di “Io la troverò”. Insomma, io e l’editore ce l’abbiamo messa tutta… ora il responso spetta ai lettori!

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28/12/14 I passeggeri del mese # , , , , ,

I passeggeri del mese: Marilù Oliva

I passeggeri del mese: Marilù Oliva

Per finire questo 2014 alla grande, anzi davvero alla grandissima, oggi parliamo con la scrittrice bolognese Marilù Oliva. Marilù ci ha regalato cinque romanzi, tre dei quali con una grande protagonista, La Guerrera, personaggio entrato nei cuori dei tanti lettori che negli anni hanno saputo apprezzare il suo stile. Da sempre impegnata in prima linea nelle tematiche legate alla violenza sulle donne, ha curato l’antologia  “Nessuna più”, pubblicata nel 2013 con il patrocinio di Telefono Rosa. Collabora con diverse riviste letterarie online, tra cui Carmilla, Thriller Magazine, Marie Claire ed è caporedattrice di Libroguerriero.

Parliamo de “Le sultane” la tua ultima fatica, pubblicato da Elliot. Come nasce l’idea di immergere nel noir la vita Wilma, Nunzia e Mafalda?

Il noir è il genere con cui mi sono misurata fino ad oggi ed è quello che sento più familiare. Con questo romanzo, che è una sorta di commedia nera o tragedia comica, cerco di proiettare il lettore alla fine del nostro tempo terreno, puntando i riflettori su tre vecchie che sono consapevoli di essere giunte al tramonto, ma – costrette dalla vita, dalla solitudine e dalle vicissitudini – decidono di goderselo fino in fondo. Anche pagandone le conseguenze. Oltre alla storia in sé, l’idea ha preso forma a partire dai grandi mali del nostro tempo: l’individualismo, l’egoismo, l’incuranza dell’altro. Volevo mettere su carta la loro potenza corrosiva. Esistono tante vecchie differenti e irreplicabili, io ne ho costruite tre, molto diverse da quelle mediatiche, molto più umane, spero, pur nei loro abissi. Ho cercato di entrare nelle loro stanze e nelle loro tre teste, facendogli commettere atti che tre anziane stereotipate non dovrebbero mai commettere: il noir, quindi, poteva essere la strada ideale, anche perché – attraverso queste tre parche – ho cercato di raccontare gli abissi di molte delle nostre famiglie: le incomunicabilità tra genitori e figli (e viceversa), il dolore delle mancanze, la forza per reclamare i propri diritti.

La Guerrera è il tuo personaggio più apprezzato. Una donna forte, senza paura. Una figura dalla quale si viene rapiti. In questo periodo storico in cui troppo spesso si legge di donne “vittime”, ritieni manchino figure che possano essere esempio per le giovani donne in cerca di modelli positivi da seguire?

Grazie per le tue parole sulla Guerrera. Non penso che manchino i modelli positivi: ci sono eccome. Il problema è che l’attenzione è puntata piuttosto su modelli più immediati, spettacolari ed effimeri, che ricevono molto più spazio, purtroppo, sul piano mediatico. Delle volte essere vittima (non necessariamente “vittima” del crimine, ma anche, per esteso, vittima dei nostri tempi, dei nostri stereotipi, etc) è molto più semplice che scegliere una via alternativa. Alcune preferiscono soccombere o accettare le cose come stanno, piuttosto che ribellarsi. E per “ribellarsi” non intendo portare avanti una rivoluzione planetaria: basterebbe accontentare le propria, di rivoluzione. Ascoltarsi, accettarsi, essere clementi anche con se stessi, oltre che con gli altri. E comunque esistono un sacco di donne in gamba, donne guerriere, appunto – e per donna “guerriera” non intendo “aggressiva”, ma in grado di far fronte alle avversità della vita e di rialzarsi, quando cade.

“Le sultane” è stato inserito nella cinquina dei finalisti del Premio Scerbanenco, ti chiedo cosa si prova a vivere un’emozione come questa?

Sono stata molto felice essere stata selezionata per la finale dello Scerbanenco. Immaginavo che non avrei vinto, ma sono andata là decisa a godermi quei giorni tra scrittori, incontri, dibattiti e cinema. È stata un’esperienza indimenticabile, lo Scerbanenco riserva sempre sorprese. Una di quest’edizione è stato lo strepitoso Dario Argento. E di Jeffery Deaver, ne vogliamo parlare?

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Fazzoletto da tasca colorato, occhiali sulla punta del naso per darmi un tono, centomila idee nelle tasche e bollicine nel bicchiere. Questo sono io.
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