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02/02/12 L'ultima stazione del mio treno

La strada

La strada
Nevica!

Il rumore dei passi sulla neve.

I tuoi, ma non solo.

Segui la strada aperta davanti a te.

Non sarà quella che ti porterà a casa.

Ti porterà dove hai lasciato i tuoi ricordi.

Seguili e attento a non perderti.
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30/01/12 L'ultima stazione del mio treno

Chi sei?

Chi sei?
Se ci credi fino in fondo, tiri fuori le palle e ti guardi allo specchio.

Se ci credi fino in fondo, tiri fuori le palle e a quella faccia che vedi nel vetro farai solo una domanda.

Fare monologhi è facile.

Costringersi a rispondersi è difficile.

La vita non è facile. Cazzeggiare lo è.

Vuoi vivere?

Se ci credi fino in fondo, tiri fuori le palle e a quella faccia che vedi nel vetro farai solo una domanda.

“Chi sei?”.
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26/01/12 L'ultima stazione del mio treno

Dimmi dove tramonta il sole

Dimmi dove tramonta il sole

IL TRAMONTO NON È UN TRAMONTO SE IL SOLE NON VA VERSO UN MARE. 

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25/01/12 L'ultima stazione del mio treno

Cambiare?

Cambiare?


I cambiamenti sono momenti privati, chi decide di renderli pubblici ha molteplici strade: può diventare uno scrittore, può circondarsi di amici, può scriverlo sui muri, può andare dall’analista, insomma portare all’esterno tutto ciò che ha rotto uno schema precedente.

Gli unici cambiamenti che si vogliono trattenere, senza farli scappare, senza dirli, senza renderli palesi, sono quelli positivi. Quelli che analizzi dentro di te, quelli che sezioni, fino al millimetro per trovarci un neo, che riesca a rendere il tutto non più positivo in modo da trovare la scusa per raccontare tutto, come una stupida notizia di gossip. Le cose belle non fanno notizia, la serenità non vende; tutto il resto sì: lo scandalo, la vergogna, l’omicidio. Allora rendiamo stupro l’atto d’amore e lo raccontiamo con finto disgusto.

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24/01/12 L'ultima stazione del mio treno

Inchiostro

Inchiostro
La guardo, sul foglio davanti a me: la macchia d’inchiostro. 

Il singhiozzo della mia penna.

Una frase non detta. 

Il destino? 

Le frasi non dette non esistono, è solo un appuntamento rimandato con qualcosa che avrà il suo momento per essere detto.

Forse nel nuovo foglio che prenderò, forse mai.
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22/01/12 L'ultima stazione del mio treno

Il primo traguardo

Il primo traguardo

Samuel Beckett disse: “Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio.”.
A volte, quando si perde, si vince. Il vento ti scompiglierà ii capelli quando farai una sosta mentre scali la montagna di obiettivi che, nella naturalezza degli eventi, sarai portato a voler superare.
Medaglie? Onori? Record? No! Traguardo dopo traguardo riconquisti ciò che ogni giorno ti tolgono. 
Non gioire. 
Non abbassare la guardia.
Datti un traguardo intermedio, arrampicati, supera la fatica, getta nel vuoto chi ti rallenta, conquista nuovi compagni di scalata, fidati di loro e vinci.
La tua vita su una parete di roccia. Dura, fredda, senza respiro, ruvida, vera. 
Quando arriverai alla cima avrai superato te stesso.
Samuel Beckett disse: “Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio.”.


Io dico: “Tenta, prova, fallisci. Ricomincia. Tenta, prova, ottieni. Respira e cerca una nuova parete di roccia.”. 

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17/01/12 L'ultima stazione del mio treno

Consigli per il futuro

Consigli per il futuro
Se oggi avessi un figlio gli regalerei un biglietto aereo. Lo abbraccerei forte. Gli preparerei una valigia e gli direi di andarsene da questo paese. Lo farei col cuore in lacrime, ma lo farei.

Cosa metterei nella valigia? E’ quasi come chiedere a una persona cosa porterebbe con sè nella classica isola deserta.

Un maglione pesante. Un libro per sorridere (Chi è morto alzi la mano, di Fred Vargas), uno per piangere (N.P., di Banana Yoshimoto), uno per riflettere e conoscere da dove veniamo (69, di Cinzia Bomoll). Un pacchetto di sigarette. Una bottiglia di rosso. Una scatola di dignità e una di orgoglio. 

Per il resto: “Figlio mio innamorati e difendi le tue conquiste, tutti proveranno a portarti via la felicità, non permetterglielo.”.

Capirà, vivrà felice.
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11/01/12 L'ultima stazione del mio treno

Assi di cuori

Assi di cuori
Ci si incontra. Ci si scontra. Ci si perde. Ci si trova.

I fragili equilibri della vita corrono sui fili rossi, come si sa, corrono sulle parole morte dietro una prigione di dentiossalinguapelle, corrono lungo l’incastro perfetto di un abbraccio.

Un equilibrio diventa vita quando è pietra che accarezza come piuma.

Un equilibrio diventa vita quando, anche se sei un asso di cuori e sei la carta più forte del mazzo, per stare in piedi capisci che hai bisogno di un’altra carta, come te. 

Un asso di cuori, da solo, non vince. Due, non hanno rivali sul tavolo verde. 
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10/01/12 L'ultima stazione del mio treno

Il mio resto

Il mio resto
“Ora che hai toccato il fondo, sai di cosa puoi essere capace e in cosa devi migliorare.”. Una sigaretta schiacciata sotto una scarpa elegante: scamosciato italiano che spegne blend americano. Una fuga. Seduto sul legno della panca di un vecchio vaporetto, la laguna di Venezia, come il fiume Stige. Il mio Caronte è un vecchio diavolo, con una barba più lunga perfino della mia, non parla, come me. Fuma e pensa, come me. In quindici minuti e trentasei secondi circa ho ricomprato l’anima e ora torno a casa a cercare le istruzioni e la garanzia; chissà se ho ancora quel cazzo di scontrino. Te la vendi, te la giochi, te la fumi, te la bevi e te la fai fottere, l’anima. Se vuoi puoi garantirti il pacchetto completo. Il più è tornare al guardaroba e ritrovarla, come un vestito, un soprabito, la pelle in cui abiti. Il mio Caronte grugnisce appena prima del nostro approdo. Ci guardiamo. Accenno un sorriso, più per avere calore da uno sconosciuto che per cortesia. Gli allungo cinquanta euro, lui sorride contento di essersi prostituito. Io scompaio in un vicolo, contento di andare fra gli altri, a farmi contare come una mezza sega qualunque. Finalmente.

Così comincia quello che sarà uno dei migliori libri che scriverò.

Te lo dovevo. A te, che sola sai. Grazie per l’idea.
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07/01/12 L'ultima stazione del mio treno

Manifesto di una generazione perduta

Manifesto di una generazione perduta

C’è una stanza affrescata al centro di un palazzo sospeso fra la Terra e i confini del cielo. Al centro di questa stanza c’è una tavola imbandita. Seduti al desco ci sono i pezzi da novanta del nuovo millennio. Politico corrotto a capotavola: gradisce giovani di belle speranze gratinati e graziose mignotte in agrodolce come contorno. Militare guerrafondaio: terzomondisti allo spiedo per lui, innaffiati con sangue di bambini, già, effetti collaterali. Dirigente del settore pubblico: predilige bustarelle in brodo e assegni circolari per fare scarpetta. Giornalista sputtanato: fois gras di minchiate su pan brioches, con notizie inventate in crosta. Figlio del cugino del padre dello zio di qualcuno che conta più di te: raccomandazioni con sugo del sudore del tuo studio e guarnizioni dei tuoi maroni frullati. Paraculato da ufficio: gradisce mangiare la tua dignità sfumata con Lacryma Christi, anzi, di norma le Lacryme sono le tue. Ragazzina o ragazzino (a seconda di come si procede a imbustare gli inviti) viziato figlio o figlia di: si mangia i tuoi sogni condendo il tutto con sorrisi sguaiati, favori sessuali o promesse di pochi scrupoli. Barone universitario: gradisce addentare uno stinco di amor proprio di studente alle prime armi, avvolto in tesi di prima mano che in seguito spaccerà per proprie, perchè, si sa, lui è un buongustaio. Blackblock: insalata di bancomat spaccati e di ideologia spicciola, facendo passare il tutto per cucina slowfood a chilometri zero, perchè si sa, il terzo mondo va aiutato. Agente di borsa con pochi scrupoli: salsiccia di titoli tossici su crosta di mutuo a strozzo. Evasore fiscale: scontrini mai emessi, con sugo di Iva, Irpef e Imu (Ici, quando si chiamava così), accompagnato da un Trust d’annata, scudato, s’intende.

Un bel tavolo, non c’è dubbio.

Vi chiederete dove siamo noi, gente normale.

Noi siamo i camerieri e le cameriere. Pronti a prendere la pacca sul sedere di grossolana maleducazione se siamo donne o l’insulto, becero e orbo, se siamo uomini.

Allungategli la minestra. Come vi pare, il mondo è pieno di soluzioni.

Senza di noi, loro, non mangiano, non sanno neanche cucinare un uovo all’occhio di bue. C’è da pensarci su.
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Fazzoletto da tasca colorato, occhiali sulla punta del naso per darmi un tono, centomila idee nelle tasche e bollicine nel bicchiere. Questo sono io.
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