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15/05/13 L'ultima stazione del mio treno

Politicamente scorretto

Politicamente scorretto
Di politica non parlo, non ho mai parlato e continuerò a farlo, chi mi conosce sa da che parte sto. Voglio però parlare di società. Siamo nel 2013, a livello cronologico questo è chiaro a tutti, a livello sociale no. A livello sociale viviamo spaccature inaccettabili, discrasie di reddito, economiche, di opportunità e culturali. Potrei parlare d’Europa, ma a parte di una bella cartina colorata sui muri dei Licei non avrei di che parlare. L’Unione Europea non è altro che una lobby resa palese da una bella bandierina blu con delle stellette giallo oro, è un gruppo che promuove interessi di parte. Chi mi conosce sa che ho ben chiaro cosa sia una lobby, come operi e cosa persegua. Se chi mi legge non lo sa, vada su Wikipedia, oppure guardi qualche film interessante “Thank you for smoking” è senza dubbio uno di quelli che può fornire i migliori spunti di riflessione.

Non potendo parlare d’Europa, potrei parlare di organismi internazionali: ONU, FMI, FAO e altro. Potrei. Mi rifiuto di perdere troppo tempo nel disquisire di organismi eccessivamente costosi, sopravvalutati e nei quali vengono stipati laureati spesso raccomandati che poi si beano dei loro bei curriculum vitae in giro per governi rattoppati, compromessi e che portano le loro belle facce ai funerali di quel tale balzato agli onori della cronaca o a qualche commemorazione vecchia di decenni e che puzza di lavanderia per coscienze. ONU, FAO, FMI, quindi. La gente continua a morire di fame nell’Africa martoriata dalla piaga della povertà, dell’AIDS, dei golpe e dei dittatori da operetta, dal depauperamento delle risorse per causa nostra e della nostra volontà di appropriarci di risorse scarse e non presenti nel mondo occidentale. Inoltre si assiste a guerre insensate dal punto di vista della opportunità militare, ma strategiche dal punto di vista economico, va da sé che ogni donna o uomo di buona volontà ed intelligenza si rendano conto che, all’esplodere delle violenze libiche, tutta Europa, con la benedizione ONU e degli Usa, si sia precipitata a bombardare il Colonnello Gheddafi, per aiutarne la deposizione in modo da sedersi al tavolo dei “vincitori” per spuntare un ottimo prezzo per gas e petrolio ed assicurarsi concessioni decennali. Per gli ignoranti la spiego così: il combattimento è stato fra le truppe della TOTAL, della BP e una scalcagnata brigata dell’ENI e le truppe dell’esercito libico. In Siria, dove stanno morendo decine di migliaia di civili inermi, dove, con buone probabilità si stanno utilizzando armi chimiche, dove millenni di storia vengono distrutti da carri armati e razzi, nessuno sta pensando di andare, nessuno sta pensando di liberare un popolo oppresso da decenni di feroce dittatura. Nessuno, perché? Perché la penetrazione economica delle multinazionali occidentali nel contesto siriano sarebbe pressoché impossibile visto il legame a doppio filo con l’Iran, i palazzinari non potrebbero accaparrarsi gli International Tenders per la ricostruzione. Ecco perché. Quindi, che crepino pure. L’unica azione militare contro il regime di Bashar Al Assad è stata la risposta a un colpo di mortaio sparato, dalle truppe di opposizione al regime siriano per altro, caduto in territorio israeliano, guai mai ad attaccare chi non va disturbato. Le trojke del FMI affamano e sviliscono i popoli in crisi di mezz’Europa, con politiche a carattere recessivo e senza lungimiranza, cianciando di rigore morale ed economico, ignorando completamente le basi delle teorie economiche, quella Keynesiana su tutte, che suggeriscono quanto sia meglio fottersene del debito pubblico in virtù del circolo virtuoso della spesa statale per realizzare opere o politiche di spesa che incentivino i consumi e, quindi, la ripresa della normale vita economica di un Paese. I geni della FAO ultimamente si sono dati ai consigli diretti alle popolazioni in stato di inedia: allevate insetti per mangiarli visto che non si riescono a impiantare coltivazioni. Geniali, io non rimango facilmente senza parole, bravi, siete riusciti voi a togliermi ogni possibilità di replica che non risieda in un fragoroso, poco elegante, ma tuttavia godurioso ”vaffanculo”.

Facciamo lo sforzo di parlare di Italia? Facciamolo. Le elezioni, alla prova della matematica (non dei concetti stressati), non le ha vinte nessuno. Si è assistito per giorni a balletti, approcci, giochi di letto, infine si è tornati al punto di partenza: un odioso sotterfugio fra partiti che si odiano, fra uomini e donne che si odiano, ma che per il bene comune della loro specie (quella del politico, non dell’essere umano, ovviamente), hanno pensato a questo delizioso sodalizio. Il tutto, ben s’intenda, sulla nostra pelle. Si sta assistendo ad un abbrutimento sia della dialettica politica (non che negli ultimi vent’anni ci sia stato di molto meglio, ah come mi mancano Nenni, Berlinguer e Almirante) che della preparazione culturale in senso stretto dei componenti dei governi. I politici (donne e uomini, senza distinzione) sono ormai (citando un comico che negli ultimi tempi ha sconfinato nella politica) professionisti della politica, sfaccendati e sfaccendate, con lauree conseguite in secoli, o con raccomandazioni o, come in alcuni casi, senza alcun titolo di studio che sia degno di nota. Questi nullafacenti, nullatenenti (a livello fiscale, s’intende), neologisticamente parlando, “nullacapenti”, sono in Parlamento, al Governo, addirittura (in taluni casi) Ministri della Repubblica. Non sono classista, (si va beh, forse un po’ sì), però mi sento di affermare, nella viva speranza di non offendere nessuno, che non è tollerabile che, chi ha un diploma di scuola superiore e nessuna preparazione specifica, possa divenire Ministro di una Repubblica. Se si diventa Ministri con un diplomino, ho amici che potrebbero essere Presidenti del Sistema Solare o Amministratori Delegati della Galassia. Siamo al paradosso, vile, in cui assistiamo a spartizione di “cadreghe” in parti uguali a chi è entrato nel letto in quest’orgia, chi non vuol rischiare la sifilide che fine fa? Resta fuori, bollato come disfattista (disfattista, al tempo del Duce era considerato reato e non è una battuta), chi resta fuori è un pericoloso reazionario (in realtà chi resta fuori avrebbe voglia di fare una rivoluzione, più che altro), chi resta fuori si sta preparando ad essere censurato. Siamo tornati alla situazione in cui chi dissente è violento, è pericoloso, il dissenso non è tollerato, il dissenso è dileggiato. Siamo arrivati a considerare così il dissenso, siamo arrivati a considerare così la verità! I miei amici americani direbbero “Italians! Shame on you!”. Un uomo politico italiano, un imprenditore, è sempre stato odiato da una certa parte politica, la stessa che oggi non considera prioritario procedere con una legge che ne provochi la ineleggibilità. Non sarebbe una legge contro una persona specifica, è una legge contro chi delinque e il posto dei delinquenti è la galera. La stessa parte politica che oggi dice questo è la stessa che una quindicina di anni fa avrebbe avuto la possibilità di regolamentare il più grande conflitto di interessi della storia del nostro Paese e non lo ha fatto. Perché? Beh, amiche ed amici, guardatevi attorno oggi. Rompereste mai i rapporti con chi, seppur essendo avverso a voi, vi aiuta a rubare le uova al contadino?

Dove stiamo quindi finendo? Abbiamo imboccato la strada in cui un Paese con un tessuto industriale e produttivo allo stremo non viene aiutato, si è parlato di debiti della Pubblica Amministrazione, quattro cialtroni una domenica hanno varato un decreto di fine legislatura per rispondere, badate bene, non a un capriccio (come fra le righe è stato dipinto) ma ad un sacrosanto diritto, quello di aziende, decine di aziende, migliaia, di avere i propri crediti nei confronti del peggior debitore del Pianeta: lo Stato Italiano. Hanno detto “Lunedì mattina partiranno i bonifici!”, quale lunedì? Quale mattina? Nessuno ha visto un Euro. “Shame on you!”. Assistiamo a giornali e giornalisti, un tempo megafoni di velleità rivoluzionarie, di stimoli di libertà e chi più ne ha più ne metta, azzittiti, ammutoliti, tutti tesi ad incensare i salvatori, del loro stipendio? No, nemmeno, questi imbratta carte sono così stupidi che neanche hanno capito che per parare il deretano delle lobbies (anche neonate, come quella delle sigarette elettroniche), andranno a tagliare i fondi all’editoria, pur di recuperare quattrini per sistemare le voragini di bilancio.

Detesto le persone prolisse, quindi concludo. Come? Augurandomi che sia solo un brutto sogno, sapendo che così non è sospiro, sorridendo guardo il cielo azzurro sperando che questo Paese si svegli, urli, orgoglioso: “Noi siamo diversi, noi lotteremo per la nostra diversità!”. Volete delle soluzioni? Io ho le mie, avrei la mia ricetta magica, ma è magica per me, potrebbe non esserlo per tutti voi ed è tempo che si pensi a tutti non solo a qualcuno.
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13/05/13 L'ultima stazione del mio treno

Realtà al ragù

Realtà al ragù

Sogni e realtà, metterli insieme è come proporre ad un bolognese di condire i tortellini con il ragù, finisce che ti manda a fare in culo. 
Ecco, sogni e realtà insieme ti riducono così: prendi un vaffa e finisci a stomaco vuoto. La vita non è come ce la insegnano, con i compromessi si tira a campare, la vita è bianco o nero, buoni o cattivi. Non è l’atavica questione che attanaglia gli esseri umani, cioè quella che ci dice che dando un colpo al cerchio e uno alla botte tutto vada bene. E’ una sorta di bisessualità emotiva e comportamentale. 
Coi compromessi ci si snatura e si perde l’essenza della vita. Magari si fa una vita breve, ma volete mettere? Io, i tortellini al ragù, non li ho mai mangiati.

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12/05/13 L'ultima stazione del mio treno

Mamme

Mamme
Per chi mi ha avuto nove mesi fra i coglioni.

Per chi mi ha cresciuto.

Per chi ci ha voluti, tutti, senza distinzione,

Per chi ha la pancia oggi.

Per chi ce l’avrà domani.

Per chi, assieme a me, farà presto crescere una vita.

Auguri.

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09/05/13 L'ultima stazione del mio treno

Passi contestualizzati

Passi contestualizzati

Contestualizziamo.
Ambiente: notte, piove, una primavera timida.

Dove: una città, piccola, bella ma non bellissima, centro città, vicino ad un teatro.
Chi: uomo medio, senza infamia senza lode, bello ma non bellissimo, stupidamente geniale o genialmente stupido, ben vestito.
Cosa sembra succedere: l’uomo cammina, si guarda attorno, sente dei passi oltre ai suoi. Si sente seguito.

Cosa realmente succede: quell’uomo medio, senza infamia senza lode, bello ma non bellissimo, stupidamente geniale o genialmente stupido, ben vestito, è solo, le uniche scarpe sull’asfalto bagnato di quella notte di primavera timida, nel centro di questa città piccola, bella ma non bellissima, proprio vicino al teatro, sono le sue.

Quindi?

Quindi: si guarda attorno, sente dei passi oltre ai suoi. Si sente seguito.

Da chi?

Chi lo segue: i fantasmi, i quali, non solo esistono, ma sanno volare, spaventare e, anche, camminare.
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04/05/13 L'ultima stazione del mio treno

Autopsy 2.0

Autopsy 2.0
Tavolo settico, la società è morta: morta ammazzata. Le hanno scaricato un intero caricatore di Ak-47 nella pancia, nel torace, nella gola: urlava ancora mentre le facevano fuori. Con un proiettile in gola non urli.

Come si può rispettare una struttura sociale secondo la quale il novantanove per cento dei suoi componenti dipende dal restante uno per cento?

Domande retoriche a fiumi.

Stiamo dormendo nella nostra camera da letto mentre i ladri banchettano in casa nostra. Ci hanno drogati.

Sveglia prima che arrivi la colf a pulire e sbatta tutto sotto il tappeto. Anche i potenti piangono.

I tavoli settici sono freddi, non vorremo mica farci finire le nostre coscienze, si arrabbierebbero, vai poi a consolarle dopo.

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25/04/13 L'ultima stazione del mio treno

L’invasione degli ultrastronzi

L’invasione degli ultrastronzi

Dietro i sogni ci sono desideri, volontà inespresse, perversioni, angosce e paure. A volte i sogni puzzano di merda.
Apri gli occhi.
Senti ancora puzza? Guardati allo specchio, renditi migliore e torna a dormire.

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18/04/13 L'ultima stazione del mio treno

Loneliness? Break the glass!

Loneliness? Break the glass!
Ognuno di noi ha letto almeno una volta nella vita la scritta qua sopra.

Ognuno di noi ha pensato a qualsiasi emergenza. 

Nessuno di noi ha mai pensato alle emergenze inconsuete.

In caso d’incendio, in caso di terremoto, in caso di guerra, in caso di attacco UFO, in caso di zombie, in caso di tutto.

In caso di solitudine? Spacchi il vetro premi il bottone o prendi l’accetta? Con l’accetta al massimo ti ammazzi, col bottone? Beh, col bottone magari speri di far partire un missile nordcoreano.

Sarebbe bello spaccare il vetro e trovare un amico.

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25/03/13 L'ultima stazione del mio treno

Nothin’ apology

Nothin’ apology
Non voglio nulla. Non cerco nulla. Non offro nulla. Il nulla contiene altro nulla. 

Non siamo nulla.

Guardiamoci allo specchio, se ci riconosceremo, avremo tutto. In caso contrario? Che la terra ci sia lieve.

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18/03/13 L'ultima stazione del mio treno

Thoughts

Thoughts

Chi non ha da dimenticare, non ha di che vivere.

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16/03/13 L'ultima stazione del mio treno

The wall

The wall
Davanti al muro dove non si piange ma si fa piangere.

Non c’è retorica, non c’è morale, non c’è perbenismo. Samuel Butler ha detto che “Poco importa cosa odiamo, purchè odiamo qualcosa.”.
Bisognaessererispettosidelprossimo.Bisognaessererispettosidelprossimo.Bisognaessererispettosidelprossimo.Bisognaessererispettosidelprossimo.Bisognaessererispettosidelprossimo.Bisognaessererispettosidelprossimo.Bisognaessererispettosidelprossimo.Bisognaessererispettosidelprossimo.Bisognaessererispettosidelprossimo.Bisognaessererispettosidelprossimo.Bisognaessererispettosidelprossimo.

Fanculo alla finta morale, se volete odiate. Se non volete, imparate a piangere.

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Fazzoletto da tasca colorato, occhiali sulla punta del naso per darmi un tono, centomila idee nelle tasche e bollicine nel bicchiere. Questo sono io.
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